Costituzionalmente illegittimo l’art. 83 della legge per il governo del territorio della Lombardia

E’ illegittima la legge per il governo del territorio n. 12/2005 della Regione Lombardia, nella parte in cui prevede una sanzione aggiuntiva rispetto a quanto stabilito dal comma 5, terzo e quarto periodo, dell’art. 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 19 del 19 Febbraio 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), laddove prevede che la sanzione pecuniaria, prevista dall’articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) in alternativa alla rimessione in pristino nel caso di violazioni in tema di tutela del paesaggio, deve essere comunque determinata “in misura non inferiore all’ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la sanzione minima di cinquecento euro“.

In una vicenda nella quale era stata irrogata una sanzione pecuniaria quantificata  sulla base di una perizia di stima che ha determinato il costo teorico di realizzazione delle opere e dei lavori abusivi, alla stregua di quanto prevede l’art. 83 della l.r. 12/2005, il T.A.R. di Brescia ha sollevato questione di legittimità costituzionale della parte di norma che, nel caso in cui sia stata appurata l’assenza di danno ambientale e la compatibilità paesaggistica dell’abuso, prevede “comunque” l’irrogazione di una sanzione di non lieve entità, commisurandola al costo teorico di costruzione delle opere abusive.

La legge regionale, secondo la tesi di Regione, ha introdotto tale previsione per superare le difficoltà applicative sorte in relazione a opere abusive che non arrecano alcun danno al paesaggio e dalle quali non deriva alcun profitto per il trasgressore e al fine di “colmare una lacuna” della disciplina statale.

La Corte, viceversa, osserva che la misura prevista dall’art. 167, comma 5, cod. beni culturali costituisce una sanzione amministrativa pecuniaria di natura “riparatoria” e che non è dubitabile che la norma regionale censurata incida sulla determinazione del quantum di tale sanzione.

Ed allora, memore dei precedenti in cui si è osservato che «la competenza a prevedere sanzioni amministrative non costituisce materia a sé stante, ma “accede alle materie sostanziali” […] alle quali le sanzioni si riferiscono, spettando dunque la loro previsione all’ente “nella cui sfera di competenza rientra la disciplina la cui inosservanza costituisce l’atto sanzionabile […]», la Corte ha concluso che, siccome l’atto sanzionabile è costituito dall’inosservanza delle norme che regolano l’autorizzazione paesaggistica, la competenza a stabilire le sanzioni conseguenti all’abuso deve necessariamente ascriversi alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

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