Carlo Iannello – “Interpretatio abrogans” dell’art. 32 della Costituzione

Carlo Iannello – “Interpretatio abrogans” dell’art. 32 della Costituzione

Editoriale Scientifica ed. – 2022, pp. 133 – € 10,00

Il Prof. Iannello, professore associato di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, ha di recente pubblicato un libro nel quale affronta un tema di scottante attualità: il 30 novembre 2022 la Corte costituzionale si pronuncerà sulle questioni di legittimità costituzionale in tema di obbligo vaccinale per il Sars-Cov-2 imposto ad alcune categorie di soggetti della popolazione dal governo italiano al fine di prevenire la diffusione del contagio da Covid-19. L’autore, prendendo spunto da quanto prospettato dalle ordinanze di rimessione alla Corte, analizza le questioni poste all’attenzione della Corte e le confronta con le precedenti decisioni in tema di obblighi vaccinali. Grazie ad una narrazione estremamente scorrevole, viene offerto al lettore un quadro sintetico, ma molto chiaro, che riassume in poche pagine tutto ciò che occorre conoscere per comprendere l’importanza del tema all’esame della Corte.

Il diritto alla salute, infatti, è disciplinato nella Costituzione con particolare intensità: l’art. 32 Cost. prevede, al primo comma, che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività e, al secondo comma, che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. E’ altresì precisato che la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Si tratta – osserva Iannello – di una previsione che si distingue perché, a differenza di altre, contiene un limite imposto non già alla libertà personale dell’individuo, ma nei confronti del potere pubblico. La singolarità e la rilevanza della previsione ben fa comprendere con che vigore l’assemblea costituente, che aveva ben presente le immani atrocità commesse dai medici nazisti durante il periodo bellico, abbia voluto opporre una barriera invalicabile al potere della legge: l’inciso “in nessun caso”, come recita il testo, vieta in modo tassativo di strumentalizzare la persona umana per finalità di interesse pubblico.

L’analisi dell’Autore prosegue poi esaminando i precedenti della Corte costituzionale, per mostrare come nella sua giurisprudenza la Corte abbia perfettamente recepito lo spirito dei padri costituenti. La Corte, infatti,  ha precisato che un determinato trattamento sanitario può essere considerato costituzionalmente legittimo solamente se vi è un doppio beneficio: uno per la salute individuale ed uno per quella collettiva; ed ha efficacemente sentenziato (cfr. C. Cost. n. 118/1996) che “nessuno può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri”.

L’analisi di Iannello prosegue poi focalizzando l’attenzione su due punti che l’Autore ritiene determinanti: in primo luogo, si osserva che, mentre in precedenza l’obbligo di sottoposizione ad un determinato trattamento sanitario era stato sempre circoscritto a situazioni specifiche, di modo che la mancata sottoposizione al trattamento previsto per lo svolgimento di una data attività impediva solo lo svolgimento di quella specifica attività, nel caso del Covid-19 la mancata sottoposizione alla inoculazione ha comportato la pressoché totale esclusione dalla vita sociale del non inoculato, fino ad arrivare addirittura all’impossibilità di lavorare e di percepire lo stipendio necessario per vivere; un evento senza precedenti nell’esperienza costituzionale italiana. La seconda novità che l’Autore evidenzia consiste nel fatto che, nelle due ordinanze del C.G.A.R.S. n. 351 e 947/2022 di rimessione della questione di legittimità alla Corte, sebbene sia stato assunto come fatto notorio che il vaccino anti Covid-19 non è in grado di bloccare il contagio della malattia, e quindi non può produrre quel beneficio tipico per la salute pubblica consistente nella cosiddetta “immunità di gregge” necessaria per l’eradicazione della malattia che è sempre stato ritenuto necessario dalla Corte per giustificare l’imposizione dell’obbligo, tuttavia il giudice, anziché concludere per l’incostituzionalità della norma, stante l’assenza di una delle due condizioni necessarie (la sussistenza di un beneficio per la salute pubblica), ha ritenuto che il beneficio per la salute pubblica fosse comunque assicurato dalla capacità del vaccino di ridurre le forme gravi di malattia e, di conseguenza, diminuire la pressione sulle strutture ospedaliere del servizio sanitario nazionale.

Questa, osserva Iannello, è una novità interpretativa di tale portata da comportare addirittura il rischio di abrogazione in via  interpretativa del secondo comma dell’art. 32 della Costituzione. Se, infatti, la Corte costituzionale non ritenesse di dover correggere questa nuova interpretazione in tema di benefici per la collettività, si creerebbe un precedente potenzialmente in grado di rivoluzionare l’assetto di regole poste dalla Corte negli anni in tema di libertà di cura: non ci sarebbe più, infatti, alcun argine alla possibilità di imporre l’obbligo di sottoporsi ad un qualsiasi trattamento sanitario tutte le volte in cui questo trattamento potrebbe essere utile a ridurre la pressione sulle strutture ospedaliere. Addirittura – osserva Iannello – potrebbero essere imposti trattamenti sanitari obbligatori ad intere categorie di persone per il solo fatto di essere funzionali a fronteggiare l’assenza di risorse economiche destinabili agli ospedali. Si assisterebbe, in conclusione, al passaggio da un’impostazione costituzionale nella quale la persona umana è collocata al centro dei valori che la Repubblica è incaricata di difendere, ad una impostazione dove a prevalere sarebbero gli interessi della collettività, per come di volta in volta individuati e delineati dal legislatore di turno. Le singole persone, in ultima analisi, verrebbero viste come strumenti per il raggiungimento delle politiche sanitarie, cancellando in un sol colpo “tutte le conquiste repubblicane e democratiche in tema di diritti”.

I timori espressi dall’Autore sembrano più che fondati: si consideri, ad esempio, che tale interpretazione, potenzialmente abrogativa dell’art. 32, è comparsa sulla scena del dibattito giurisprudenziale non immediatamente, ma solo successivamente alla chiara manifestazione di inefficacia dei vaccini ad impedire la trasmissione del virus, con quella che Iannello non esita a definire una “acrobazia interpretativa” diretta a lasciare immutate le conclusioni, ossia la legittimità costituzionale degli obblighi generalizzati di vaccinazione. Ma questa virata – osserva sempre l’Autore – è stata fatta troppo frettolosamente, senza un adeguato dibattito e senza riflettere adeguatamente sulle conseguenze giuridiche che potrebbe – ove accolta – determinare in tema di tutela della salute.

Secondo Iannello, in conclusione, si è di fronte ad una deriva organicista in totale antitesi con lo spirito della Carta Costituzionale, come testimonia la recente ordinanza del Tribunale di Rovereto richiamata nel libro (n. 57 del 22.06.2022) laddove si afferma, riferendosi ai possibili effetti avversi del vaccino, che “un rischio di evento anche gravissimo come la morte o la grave malattia deve essere considerato come normale e tollerabile a condizione, ben inteso, che sia in grado di scongiurare rischi ben maggiori (sempre di morte o di grave malattia, ma con incidenza statistica ben maggiore)”. Non vi è dubbio, infatti, che il cambio di paradigma sia totale: ad una norma che impedisce in radice al legislatore di violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana (primo fra tutti quello del rispetto della sua vita) si contrappone l’interpretazione moderna secondo la quale, nel “nuovo mondo”, se ciò appare “statisticamente” utile alla collettività, il singolo deve essere ritenuto sacrificabile.

Del tutto condivisibile, dunque, l’auspicio finale del Prof. Iannello che il 30 novembre 2022 “l’equilibrio, la logica, l’umanità e la cultura giuridica repubblicana prendano il sopravvento, ponendo un argine, forte e duraturo, contro queste derive”.

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