Il T.A.R. di Milano boccia la DAD (didattica a distanza) della Regione Lombardia

Il T.A.R. per la Lombardia sospende l’ordinanza regionale in tema di didattica a distanza.

 Il T.A.R. per la Lombardia ha accolto la richiesta di misure cautelari urgenti proposta da un gruppo di genitori e studenti milanesi e da rappresentanti del comitato denominato “AScuola!” che hanno impugnato con ricorso l’Ordinanza del Presidente della Regione Lombardia n. 676 dell’8 gennaio 2021 con la quale la Regione aveva previsto che, dall’11 gennaio 2021 e fino al 24 gennaio 2021, le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado e le istituzioni formative professionali secondarie di secondo grado della Regione avrebbero dovuto assicurare il ricorso alla didattica a distanza per il 100% della popolazione studentesca.

Il T.A.R. ha, in particolare, evidenziato che, per il periodo compreso tra l’11 gennaio e il 15 gennaio 2021, risulta fondata la censura di incompetenza, in quanto il quadro normativo rilevante non attribuisce, per tale periodo, un potere di ordinanza alle Regioni. Ciò in quanto il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 individua una competenza regionale condizionata alla mancata adozione dei DPCM previsti e limita l’efficacia delle eventuali misure regionali fino all’intervento dei DPCM stessi.

Dopo una accurata e pregevole ricostruzione del quadro normativo emergenziale, invero complesso e poco coordinato, il T.A.R. conclude che, nel contesto normativo vigente, e sino al 15 gennaio 2020, data di cessazione dell’efficacia del DPCM 3 dicembre 2020, non risulta esserci spazio per una competenza regionale diretta ad introdurre misure più restrittive, perché i d.l. n. 19/2020 e n. 33/2020 delimitano temporalmente tale competenza, escludendola una volta entrati in vigore i DPCM previsti dai medesimi d.l.

In sostanza, sino alla permanenza dell’efficacia dei DPCM, il quadro normativo esclude la possibilità di un intervento regionale in tema di disciplina dell’attività didattica, tanto che il DPCM 3 dicembre 2020 prevede l’applicazione di misure più restrittive solo qualora il Ministro della salute abbia accertato la sussistenza in un certo ambito territoriale regionale di uno “scenario di tipo 4” e di un livello di rischio “alto”, senza fare salvo alcun potere di disciplina regionale.

In conclusione, il T.A.R. rileva riassuntivamente che, dal 7 gennaio al 10 gennaio 2021, la didattica trova disciplina nel DPCM 3 dicembre 2020, che la prescrive in presenza per il 75% degli studenti; dall’11 gennaio 2021 al 16 gennaio 2021 la didattica è disciplinata dal d.l. n. 1/2021, che impone di garantire l’attività in presenza almeno al 50 per cento della popolazione studentesca delle istituzioni secondarie; solo per il periodo successivo al 15 gennaio, essendo cessata l’efficacia del DPCM 3 dicembre 2021 e trattandosi di un periodo non disciplinato dal d.l. n. 1/2021, trova nuovamente applicazione il meccanismo introdotto dai d.l. n. 19/2020 e n. 33/2020, in forza del quale, nelle more dell’adozione di un nuovo DPCM si riattiva la competenza regionale, per l’adozione di misure più restrittive di quelle dettate direttamente dai d.l. n. 19 e 33/2020.

Il T.A.R., infine, stigmatizza la contraddittorietà e l’irragionevolezza dell’ordinanza regionale laddove osserva che la fascia d’età giovanile dai 14 ai 18 anni si caratterizza per “significativa attività sociale” e bassa manifestazione clinica di malattia, poi afferma che la didattica in presenza comporterebbe “probabili assembramenti nei pressi dei plessi scolastici, con correlato rischio di diffusione del contagio presso le famiglie”. La contraddittorietà consiste, ad avviso del Giudice, nel fatto che il pericolo di contagio non è legato alla didattica in presenza in sé e per sé considerata, ma al “rischio di assembramenti correlati agli spostamenti degli studenti”. Ecco, dunque, che “emerge così l’irragionevolezza della misura disposta, che, a fronte di un rischio solo ipotetico di formazione di assembramenti, anziché intervenire su siffatto ipotizzato fenomeno, vieta radicalmente la didattica in presenza per le scuole di secondo grado, didattica che l’ordinanza neppure indica come causa in sé di un possibile contagio”.

Severo il giudizio finale: “l’ordinanza, da un lato, interviene per gestire un rischio di assembramenti solo ipotizzato, dall’altro, affronta tale rischio adottando una misura che paralizza la didattica in presenza, ma senza incidere sugli assembramenti, che, anche se riferiti agli studenti, non dipendono dalla didattica svolta in classe e, comunque, sono risolvibili mediante misure di altra natura”; ed ancora: “il provvedimento regionale palesa un’intrinseca irragionevolezza, in quanto adotta la misura radicale della chiusura generalizzata delle scuole per fronteggiare rischi solo “probabili”.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *